Storia

Sàmia fra urban pop, rabbia e Pasolini

– Formidabile esibizione della cantautrice romana d’origini somale e yemenite al Medimex 2024 di Taranto. Da martedì 25 giugno sarà in tournée in Sicilia: date e tappe
– «Sono bisessuale, ma non mi ghettizzo in una comunità. Bisogna far prevalere il talento, a prescindere se sia no-gender, non-binario, o lesbica o gay o etero o cisgender»
– Il cambio di look dal debutto tv a Sanremo Giovani a oggi, «ma io sono sempre la stessa». Un filo rosso unisce le sue canzoni: il bisogno di indipendenza. «La musica è mia madre che mi culla»

Da due anni il pop queer* domina le classifiche di vendita, tanto da far titolare al britannico The Guardian: “Siamo entrati nell’era queer”. Billie Eilish è al primo posto delle hit parade con il suo nuovo album e molte donne queer hanno vinto Grammy. In un momento di crescenti attacchi ai diritti lgbtq+, tra cui un’ondata di leggi anti-trans e divieti di libri, gli artisti trans e queer hanno continuato a definire e modellare le tendenze della musica e della cultura.

«Sono contenta, ma c’è bisogno di più spazio per le persone gay, senza etichettarle. Bisogna far prevalere il talento, a prescindere se sia no-gender, non-binario, o lesbica o gay o etero o cisgender. Come non esistono quote rosa o celesti, ma di genere. Io sono Sàmia e sono bisessuale, non mi ghettizzo in una comunità».

Sàmia Pozzobon, ragazza romana di origini somale e yemenite (foto Alieno Studio)

Sàmia Pozzobon è una ragazza romana, anzi una romanaccia che parla in puro dialetto con la “c” dolce, spesso strascicata e pronunciata come se fosse un suono “sc”: «Sciao». Sembra uscita da un libro di Pier Paolo Pasolini, che dà il nome alle Officine d’arte nelle quali la ragazza dalla pelle di luna si è formata. «Sono metà somala e metà araba. Nata a Sana’a, yemenita. Pochi mesi dopo la nascita stavo già a Roma». In Italia è arrivata con la mamma che aveva 25 anni e che oggi non c’è più. Sàmia si è salvata da una vita emarginata «perché sono subito diventata cittadina italiana per adozione. Sono l’unica ragazza nera della mia famiglia (il papà è veneto, ndr)». 

Sàmia il pubblico italiano l’ha conosciuta nel 2021, quando si presentò a Sanremo Giovani con il brano Fammi respirare, che era il suo biglietto da visita: una ragazza libera, che aveva bisogno di respirare, di avere la sua indipendenza, di decidere con la sua testa e non quella degli altri. Un tema che riprende nel nuovo singolo Asfalto che verrà a presentare in anteprima nel tour che si appresta ad affrontare in Sicilia: partenza martedì 25 giugno dallo Scaro Café di Agrigento, l’indomani, mercoledì 26, al PYC di Palermogiovedì 27 del Bitta di Bagheriavenerdì 28 del Quarto di Luna di Messina, per poi risalire la penisola, Scalea, Latina, Firenze….

Sàmia (foto Anna Benedusi Pagliano)

La ragazzina con una nuvola di capelli ricci scuri che si presentò a Sanremo Giovani è diventata una sensuale ragazza con le treccine. «Ma io sono sempre la stessa», sorride. «Semplicemente la crescita e il passare degli anni. Non c’è alcuna differenza, sono la stessa persona. Solo che nella sua valigia ci sono un po’ più di cose e basta». Il filo rosso che collega le due canzoni lo conferma. «In effetti, ora che me lo dice lei, riflettendo c’è questo filo rosso. Sì, è vero, Asfaltoè la continuazione di Fammi respirare, ma anche di Cattiva».

Cattiva e strega, come canta nella omonima canzone. Ma anche lunatica, antipatica, fanatica, patetica, psicopatica, dispotica, apatica, scettica, asettica, come si autodefinisce in Pazza lunatica. «Sono tutto quanto assieme, tutte le mie personalità che lascio libere di vagare. Le controllo, ma ci sono tutte», ride. «Franco Basaglia diceva che “visto da vicino nessuno è normale”. E io sono una cangiante variabile».

Sàmia durante lo showcase allo Spazioporto di Taranto (foto Ufficio stampa Medimex)

Soprattutto in concerto, come abbiamo potuto ammirare nel breve showcase di giovedì scorso allo Spazioporto di Taranto, nell’ambito del Medimex 2024, l’International Festival & Music Conference promosso da Puglia Sounds. Sàmia è un formidabile animale da palcoscenico, una pantera aggressiva e viscerale che accompagna con la voce e il corpo il ritmo e le emozioni delle sue canzoni. È assoluta protagonista sul palco ed ha il pieno controllo del pubblico, stregato e ammaliato dal suo voodoo. Non ha timore di affrontare la platea da sola, “protetta” soltanto dal tappeto di sintetizzatori e percussioni elettroniche steso dal musicista che la segue in tour: «Ma forse in Sicilia si aggiungerà un batterista», annuncia.

Urban pop è lo stile, molto grintoso e coinvolgente. E, soprattutto, autentico e originale. «Non ho eroi», tiene a sottolineare. «Con il fatto che sono estremamente curiosa, mi ispira un po’ tutto, sono estremamente contaminata e spero di potermi contaminare ancora».

Il suo show colpisce duro: pirotecnico e trascinante, con canzoni taglienti in cui si avverte la sua urgenza di raccontare senza filtri se stessa, la strada, la vita, la verità. È rodato da una gavetta lunga, nonostante l’età (classe 1993, ma sembra una fresca ventenne): ha fatto da opening act per Lazza, Mara Sattei, Massimo Pericolo, Bresh, Lo Stato Sociale, BigMama, Matteo Paolillo, ha frequentato diversi festival e si è esibita anche all’estero. Nessun talent dopo lo sfortunato tentativo a Sanremo Giovani (che occasione persa da Amadeus!), anche se lei non chiude la porta: «Chissà, potrebbe capitare…».

Nel nuovo singolo, Asfalto, il “daddy” descritto da lei incarna quel mondo maschile intriso di stereotipi che mosso dal narcisismo non vede chi ha di fronte, prende senza dare, consuma e nega. Nel suo percorso si è mai imbattuta in questi “daddy”?

«Nel mondo dell’arte no. Certo mi sono capitate situazione nelle quali qualcuno ha provato, ma come succede in altri settori. Purtroppo, quando le persone pensano di stare un gradino più in alto di te e tu per ambizione sei pronta a dare tutto, allora fanno delle mosse sbagliate. Questo vale nel mondo della musica, ma anche in altre situazioni».

E, invece, ha dovuto affrontare problemi legati al razzismo?

«Ricordo un episodio in particolare. Una sera stavamo tornando in macchina dall’Abruzzo con mio padre. Ci hanno fermato i carabinieri. Avevo all’incirca 16 o 17 anni. Ci hanno chiesto cosa facessimo: credevano che fossi una prostituta. In quel momento mi sono sentita come bloccata e inerme. Abbiamo dovuto tirare fuori i documenti per mostrare che eravamo padre e figlia. Ecco, quella è stata una delle occasioni in cui ho pensato: “Se succede a me da privilegiata, pensa agli altri, alle persone che non hanno nemmeno la cittadinanza italiana”».

Cosa rappresenta per lei la musica: rabbia o guarigione?

«La musica è la mia terapia, è la mia dottoressa, è la mia mamma che mi culla».


  • Nota: “Queer” è un termine ombrello utilizzato per indicare coloro che non sono eterosessuali e/o non sono cisgender

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