Mostre

Le foto d’archivio riprendono vita

– Fino al 30 luglio a Milo la mostra collettiva “Ars Memoriae”, in cui gli allievi dell’Accademia di Belle Arti ri-creano mondi immortalati tanti anni fa
– Le immagini del passato assumono altri significati, mettendosi in connessione con l’epoca attuale, esprimendone i problemi e le ansie

Come evitare che le collezioni e gli archivi fotografici non vengano sommersi dalla polvere dell’abbandono e del dimenticatoio? È la domanda che il professore Paolo Sessa, nell’incontro sul valore della memoria, ha posto alle allieve e agli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Catania, del biennio in Fotografia durante il corso di Fotografia e Archiviazione digitale. La risposta è contenuta nel libro Il collezionista di immagini (Maimone, Catania 2012) dello stesso Sessa, una raccolta di foto che mettono al mondo un mondo, per citare Alighiero Boetti. Paolo Sessa, infatti, rilegge le storie del paese di Milo, la memoria dei luoghi a partire dalle foto e la traspone in scritti.

Dalla teoria alla pratica. La fase successiva ha visto infatti la visita dei luoghi per realizzare un primo rilievo fotografico, sotto la guida del professore, che ha permesso agli allievi di rintracciare un percorso storico legato alla via dell’acqua e di porre attenzione ai segni che il tempo cancella.

Alla luce di quanto ascoltato e appreso, gli allievi sono stati chiamati a riconoscere l’importanza del documento storico legato alle fotografie dell’archivio Arcidiacono-Sessa, leggerne il contenuto visivo, rintracciare le storie di un luogo, e farsi portavoce e nuovi interpreti di un passato che è parte della nostra memoria collettiva.

Questa esperienza ha prodotto alla mostra collettiva Ars Memoriae, curata da Carmen Cardillo in collaborazione con Chiara Marchese, ospitata al Museo virtuale di Milo fino al 30 luglio. Le opere esposte sono il risultato di un lavoro che è durato diversi mesi, con l’intento iniziale di attivare uno sguardo consapevole sul passato, ma che ha preso forma di ricerca più specifica, legata al genius locigrazie a Paolo Sessa, “archivio vivente” della storia della comunità di Milo, che non solo preserva la memoria storica, ma la rende viva e attuale.

L’opera di Giuseppe Calabrese che invita il pubblico a scrivere preghiere per l’Etna e imbucarle in una cassetta postale che diventa una capsula del tempo

Queste opere come nuove tracce visive “attive” stimolano il pensiero e invitano il fruitore a partecipare attivamente, creando o completando le opere: Giuseppe Calabrese invita il pubblico a scrivere preghiere per l’Etna e imbucarle in una cassetta postale che diventa una capsula del tempo; Lorenza Romano invita lo spettatore a entrare nella proiezione di una fotografia antica, a frapporsi tra la luce e una rete metallica, il passato (luce) e il presente (ombra).

Nelle opere di Erica Trovato, due orizzonti temporali coesistono serenamente nella piazza principale del paese; Gabriele Capodanno omaggia la cura e la fatica dei viticoltori di Milo, l’azienda Foti. In Giulia Vecchio riecheggia la storia narrata da Sessa: una donna che, negli anni Trenta, rifiuta il suo promesso sposo durante il corteo nuziale, a causa di una minaccia che sembra preludio di violenza domestica.

Edoardo Orlando colloca una tavola imbandita e invita a osservare attentamente micro-fotografie impresse su tazze e piattini su cui sono impresse foto che richiamano alla mente l’antico bar di Viola. Su telai circolari con sovrimpresse alcune fotografie di migranti, Deborah La Torre ricama parole evocative tratte da lettere d’epoca; il trittico Daprès, l’ombra della luce di Calabrese, diviene una intima preghiera contro tutte le guerre. 

L’opera di Andrea Valisano intitolata “Migranti”

Nell’opera di Alessandro Rizzo, l’intelligenza artificiale è utilizzata non solo per creare immagini degli antichi mulini di Milo, ma anche per sollevare interrogativi sulla plausibilità delle ricostruzioni visive e sulla capacità dell’intelligenza artificiale di tracciare e fotografare ciò che non esiste più delle nostre architetture passate; Carmelo Stancampiano, mediante l’uso dell’intelligenza artificiale, ridisegna l’utopia ingegneristica della teleferica per il trasporto della neve di Fornazzo, della quale  si ha scarsa documentazione fotografica.

Nelle opere fotografiche di Sofian Tiznauoi, ispirate all’abbeveratoio del 1911, volti e pietra si sovrappongono e si fondono; Deborah Longo si sofferma sulla migrazione degli anni Trenta per realizzare sovrapposizioni fotografiche contemporanee; ne Lo sgombero di Roberta Guarnera, da una valigia, riempita di terra, emergono fotografie e una sottana che “veste di memoria”.  L’istallazione fotografica di Martina Flores rende omaggio all’Ilice del Carlino, un pezzo di archivio della natura da proteggere. 

Tutti gli autori in mostra: Giuseppe Calabrese, Gabriele Capodanno, Martina Flores, Paola Gusmano, Deborah La Torre, Deborah Longo, Roberta Guarnera, Edoardo Orlando, Alessandro Rizzo, Lorenza Romano, Carmelo Stancampiano, Sofian Tiznaoui, Encira Trovato, Giulia Vecchio, Andrea Valisano 

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