Storia

Io swiftie al mio Taylor Swift day

– Il secondo concerto milanese della regina del pop raccontato da una fan siciliana: dalla “conquista” del biglietto alla vestizione per andare allo stadio fino al “viaggio mistico di 3 ore e 15 minuti”
–  “Siamo partiti un po’ tutti dalla scelta del look: c’è stato chi ha creato da zero un abito pensando al proprio album preferito, chi ha ricreato un abito da lei indossato o chi ha creato delle magliette divertenti prendendo spunto dagli easter eggs
–  “Aprirsi e rendersi così vulnerabili non è da tutti, e lei lo fa egregiamente: raccontarsi e far capire a chi sta ascoltando che non è solo, che quei sentimenti e quelle emozioni le hanno provate anche lei e i suoi amici

Se anni orsono qualcuno mi avesse detto che la Taylor Swift sarebbe venuta in Italia, in concerto, per due date, e che io sarei stata lì per assistere, gli avrei decisamente riso in faccia. Invece, chi l’avrebbe mai detto, è successo. 

Il 20 giugno dello scorso anno è stato sicuramente il momento in cui noi swifties italiane siamo impazzite. Nell’annunciare le date internazionali del suo Eras Tour c’era una tappa nel nostro Paese, il 13 luglio 2024, la prima dopo 13 anni dall’ultima volta (Speak Now Tour del 2011). Prendere il biglietto, tuttavia, è stata, con molta probabilità, una fatica al pari di quelle affrontate da Ercole, con anche una sana dose di fortuna e di pazienza. Al fine di evitare rivendite illegali dei bagarini, la procedura era questa: su TicketOne dovevi iscriverti con la tua mail utilizzando un link; se il sistema ti sceglieva, il 6 luglio ti arrivava un codice a cui potevi accedere alla vendita del 13 luglio, in caso contrario finivi in lista d’attesa e avevi pochissime speranze. Per altro, a sorpresa, all’arrivo dei codici scoprimmo tutti che le date sarebbero state non una, ma ben due. Io appartengo a coloro che hanno vinto la Great War, per citare uno dei suoi pezzi in Midnights (2022), e che domenica 14 luglio ha appunto avuto l’onore di partecipare a quella che ho percepito più come una vera e propria terapia di gruppo che un concerto.

Swifties, come si chiamano le fan di Taylor Swift

Checché se ne dica su di lei e sulla sua musica l’atmosfera pre e durante (e anche post) è di sicuro indescrivibile. Un artista può non piacere per diverse ragioni; tuttavia, quando si riesce a creare quello che la biondina americana ha fatto, c’è poco di cui discutere. Siamo partiti un po’ tutti dalla scelta del look: c’è stato chi ha creato da zero un abito pensando al proprio album preferito, chi ha ricreato un abito da lei indossato o chi ha creato delle magliette divertenti prendendo spunto dagli easter eggs (indizi che lascia di solito prima di annunciare qualcosa). L’impegno che tanti mettono è veramente ammirevole, tanto che io per prima, andata con la semplice maglietta del merch e i pantaloncini (la comodità prima di tutto), sono rimasta sbalordita da alcuni outfit. Dopodiché si creano i friendship bracelets, i braccialetti con le perline che facevamo da bambini. Questa è una tradizione nata dopo la pubblicazione della canzone You’re On Your Own, Kid (Midnights, 2022) in cui l’artista canta “so make the friendship bracelets” ovvero “fai i braccialetti dell’amicizia”. Attaccare bottone così con sconosciuti è il modo più dolce per conoscere tante persone. E così è stato. 

I braccialetti

Però in cosa consiste esattamente il The Eras Tour? È un viaggio mistico di 3 ore e 15 minuti, 44 canzoni in scaletta e due mashup (nella leg americana sono state due surprise songs) alla chitarra e al piano in cui si affrontano 18 anni di musica un’era per volta – eccetto l’album d’esordio, country, omonimo dell’artista in questione.

Dopo i Paramore, band rock americana, alle 20 spaccate, Taylor è salita sul palco. Già dalla struttura di questo si capisce quanta attenzione ai dettagli ci deve essere stata da parte sia sua come del suo team. Ancora alla luce del sole ha intonato le note di Miss Americana and The Heartbreak Prince, dando il via con i suoi ballerini e la sua band (perché sì, suona e canta dal vivo) al primo set, Lover (2019). “You make me feel so powerful in a sold out stadium, Milano” ha detto prima di esibirsi con uno dei pezzi più femministi della sua intera discografia, The Man

Dal rosa dei nostri braccialetti luminosi siamo passati poi al giallo di Fearless (2008), lasciandoci travolgere dalla nostalgia mentre tornavamo al liceo sulle note di You Belong With Me e Love Story, le quali raccontano le prime cotte adolescenziali. 

Un momento dello show

Cambio di costume (per altro rapidissimi) e via con Red. Qui, come uso, ha donato il 22 hat a qualche bimbo del pubblico – scelto ogni volta in modo casuale dalla madre Andrea – facendoci emozionare. Oltre a piangere, però si ride anche: in We Are Never Ever Getting Back Together (trad. Non torneremo mai e poi mai insieme) ha lasciato urlare ad uno dei suoi ballerini sabato “Col cazzo!” e domenica “Manco morta!”. Medaglia ad honorem e cittadinanza italiana per la ricercatezza. Alla fine, abbiamo perso la voce con All Too Well (10 minute version) – “Fuck the patriarchy”, I guess. Su Enchanted, unica canzone inserita da Speak Now (2010), siamo riusciti a farla commuovere alzando al cielo i fogli della nostra fan action “We’re enchanted to meet you after 13 years” (Siamo incantati di rivederti dopo 13 anni). E decisamente lo è stata anche lei.

Ai Reputation (2017), l’album che a mio avviso ha sempre dimostrato quanto sia eccellente nel marketing, e ai set di Folklore ed Evermore (Folkmore) scritti e pubblicati in piena pandemia (2020) con effetto sorpresa, capisci veramente cosa stai vedendo e ascoltando. Nel primo momento sai che la tua personalità serpentina uscirà fuori (e ti sentirai in una chiesa a momenti); nel secondo piangerai anche l’acqua del battesimo e ti sembrerà di star facendo sul serio una terapia di gruppo. Durante August ho realizzato quanta amore e cura per i dettagli c’è dietro uno show del genere: mi scoppiava il cuore nel vedere lo stadio così colorato! 

Uno dei miei momenti preferiti, arrivati a questo punto, è stata sicuramente la standing ovation prima e dopo Champagne Problems. Sfido chiunque a dire che non si è emozionato nel vederla così felice, conscia di star ricevendo soltanto amore, ammirazione e gratitudine. 

Dopo Marjorie, la canzone scritta alla nonna, l’album che le ha fatto vincere il secondo Grammy come album dell’anno nel 2015: 1989 (2014). Con Shake It Off, Blank Space, Wildest Dreams e Bad Blood (il calore dei fuochi si sentiva fino a noi negli anelli) i nostri animi, già visibilmente provati, si sono risollevati. Abbiamo iniziato tutti a ballare e ci siamo lasciati trasportare dalle melodie allegre e travolgenti che caratterizzano 1989.

Con The Tortured Poets Department, il cui nuovo album è uscito ad aprile di quest’anno, sono rimasta un po’ perplessa. Un po’ perché dopo tre mesi non ho ancora capito se l’album mi piace o meno, un po’ perché non riesco ad accettare il fatto che abbia tolto dalla scaletta tre delle mie canzoni preferite (The Archer, Tolerate it e ‘tis the damn season) per fargli spazio (sicura che erano queste le canzoni da togliere?). Ammetto però che urlare i bridge di The Smallest Man Who Ever Lived, Who’s Afraid of Little Old Me? e I Can Do It With A Broken Heart è stata pura catarsi.

I mashup sono stati decisamente la mia cosa preferita. “Avevo pensato ad altre canzoni, ma dopo aver visto l’accoglienza di ieri ho rivisitato tutto il set acustico e ho creduto che avreste voluto qualcosa su cui cantare”. Avremmo cantato a prescindere, tuttavia, dopo aver avuto l’onore di ascoltare Mr Pefectly Fine x Red alla chitarra e Getaway Car x Out The Woods al piano, credo possiamo ormai definirci i figli preferiti. È stato un momento emozionante, così intimo da riuscire esser sicuramente riuscita a meravigliare anche quei genitori presenti solo come accompagnatori. 

Alla fine, tuffo nel mare, e via all’ultimo set con l’album che questo febbraio le ha fatto vincere il quarto Grammy come Album Of The Year (l’unica artista di ambo i sessi a detenerne 4), Midnights (2022). Da Lavander Haze, passando per la famosissima Anti-hero, alla seducente Vigilante Shit (con quella coreografia che vorresti non vedessero i vostri genitori) fino alla conclusione con la travolgente Karma

Tirando le somme realizzi che uno show del genere probabilmente non lo vedrai più per il resto della tua vita: non tutti gli artisti sarebbero in grado di fare qualcosa del genere, o comunque non riuscirebbero forse a creare lo stesso tipo di atmosfera, la stessa euforia e felicità che ho potuto vedere.

Ciò che abbiamo vissuto ha più che ripagato tutta questa attesa, a prescindere da chi è fan di lunga data come me o chi lo è diventato solo negli ultimi anni. Lei ha cantato senza sbagliare una nota, ha ballato, suonato per noi; e noi italiani l’abbiamo ripagata nel solo unico modo che conosciamo: dimostrarle che il nostro calore e il nostro affetto difficilmente li troverà da qualche altra parte. 

Aprirsi e rendersi così vulnerabili non è da tutti, e lei lo fa egregiamente: raccontarsi e far capire a chi sta ascoltando che non è solo, che quei sentimenti e quelle emozioni le hanno provate anche lei e i suoi amici. Il segreto di tutto il suo successo, a mio avviso, è sempre stato questo.

E domenica sera, in quello stadio, ho lasciato la voce, il cuore e l’anima. Sarà il ricordo che più gelosamente conserverò e che farò sempre più fatica a raccontare.

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