Storia

I “quadri emotivi” di Alessia Tondo

– Sabato 11 maggio a Palermo concerto di una delle voci più rappresentative della scena musicale pugliese. Dai Sud Sound System a “regina” della Notte della Taranta, dal Canzoniere Grecanico Salentino alla corte di Ludovico Einaudi fino al debutto da solista
– «Lo spettacolo è un racconto incentrato su Sita, con delle “new entry”». «Sita è il melograno, simbolo di guarigione e di buon augurio. È un album intimo, rappresenta l’esorcizzazione del “ malepensiero”, lo considero il mio piccolo rito del buon pensiero»
– «Sicilia e Salento sono molto vicine dal punto di vista culturale e musicale, in Puglia ci sono state operazioni sicuramente lungimiranti che hanno dato maggiore visibilità alla nostra musica». «In studio per celebrare i cinquant’anni del Canzoniere»

Alessia Tondo ha cominciato a cantare a 6 anni insieme alla nonna nel gruppo salentino Mera Menhir. A 13 anni debutta con i Sud Sound System nel brano Le radici ca tieni. Da quel momento la sua ascesa è inarrestabile fino ad arrivare a calcare il palco de “La Notte della Taranta” come cantante solista dell’Orchestra Popolare, sotto la direzione dei diversi maestri concertatori che si sono avvicendati nella direzione dell’evento, e poi all’ingresso nel Canzoniere Grecanico Salentino. 

L’enfant prodige di Merine, piccolo paese della provincia di Lecce dove è nata e cresciuta, oggi è una delle voci più rappresentative della scena musicale pugliese. Ma soltanto tre anni fa ha deciso di debuttare da solista con Sita, album nel quale si muove fra gli ulivi e i muretti a secco della sua Puglia e i vialetti brumosi della provincia inglese (Nick Drake) e che è al centro del concerto che terrà sabato 11 maggio alle 21:30 a Palermo alla Tavola Tonda dei Cantieri Culturali alla Zisa (opening Brancaleone Project), per poi tornare in Sicilia per altre due esibizioni in agosto: il 30 a Monreale e il 31 a Castelbuono.

«Lo spettacolo è un racconto incentrato su Sita, ci sono poi delle “new entry”, alcune cose che vengono dalla tradizione popolare e altre che sono semplicemente dei giochi con il pubblico per poter raccontare la mia storia, da dove vengo, chi sono, come è iniziato il mio percorso», spiega l’artista salentina. «Comunque, di base è un racconto legato a Sita».

Lei ha cominciato a cantare prestissimo. A 13 anni era già una delle regine della Notte della Taranta. Come mai è arrivata soltanto vent’anni dopo al debutto da solista.

«Iniziando a lavorare presto nella realtà musicale, capivo avevo attorno a me musicisti che avevano una gavetta alle spalle decennale e che erano sempre alla continua ricerca di perfezionare il proprio suono, il proprio messaggio. Mi sono così affezionata all’idea di arrivare a una sorta di “consapevolezza”, e vocale ma anche di contenuto: avere la certezza di aver realmente qualcosa da raccontare e non semplicemente buttarsi nella scrittura per far uscire un prodotto. Mi sono nutrita di grandi collaborazioni con grandi artisti che mi hanno formata in tutti questi anni. A un certo punto mi sono fermata, ho guardato il mio bagaglio e mi sono detta: “Ok, magari adesso posso raccontare qualcosa”». 

Sita, il titolo del suo lavoro, in salentino indica il melograno, che è considerato simbolo di guarigione. Questa prova da solista ha avuto un effetto terapeutico su di lei? 

«Il motivo per cui è stato scelto questo titolo è perché è un simbolo di buon augurio, oltre a essere uno dei frutti più importanti per i popoli del Mediterraneo. Prendendo come riferimento tutti i tipi di guarigione che ci sono non solo nel Salento, ma anche in tutta Italia, soprattutto nel Meridione, dove ancora questi riti sopravvivono e sono legati alla parola, diventando mezzi per l’esorcizzazione del “malepensiero”, il mio rito di guarigione che si compie con questo piccolo racconto come se fosse una piccola formula magica. Se ha esorcizzato dei mali sì, sicuramente, uno fra tutti la paura di esprimere qualcosa di molto molto intimo e di portarlo davanti al pubblico. Sicuramente Sita è servito a superare questa paura. Sì, lo considero il mio piccolo rito del buon pensiero».

È un album molto intimo.

«Sono otto tracce all’interno dell’album e io le chiamo appuntamenti emotivi, sono quadri emotivi in cui c’è una narrazione che in qualche modo va dall’ombra verso la luce. In realtà è un ritorno a se stessi, alla propria forza, alla propria bellezza. Sì, è un disco molto intimo».

Alcune settimane fa ho intervistato Gabriella Schiavone per parlare del nuovo album dei Faraualla. Anche lei gioca con la polifonia.

«Sì. Diciamo che la loro bellezza è quella della condivisione e di avere quindi dei meravigliosi timbri che si intrecciano fra loro. Io, portando questo disco in solitaria, mi servo di una loop station per poter dialogare con me. Ecco, il motivo per il quale Sitadiventa intimo è solo perché una serie di parti di ognuno di noi, poi di ogni essere umano, che ha una serie di persone che lo abitano, di paure, pensieri a volte contrastanti, dialogano tra di loro e ho avuto l’esigenza di riportarle nel disco e in concerto sovraincidendo le mie stesse voci. Effettivamente anche io gioco con questi intrecci vocali. La bellezza delle Faraualla è però di avere quattro timbri meravigliosi che giocano fra loro, io invece gioco in solitaria».

Alla “Notte della Taranta” ha collaborato con artisti straordinari come Mauro Pagani, Ambrogio Sparagna, Ludovico Einaudi, Goran Bregovic, Giovanni Sollima, Phil Manzanera, Carmen Consoli, Ligabue, con cui ha condiviso Beddha ci dormi, Gregory Porter, Fiorella Mannoia e, soprattutto, Ludovico Einaudi con il quale ha avviato anche una collaborazione che porta al Nuvole Bianche.

«Quella esperienza nata all’interno della Notte della Taranta ebbe poi modo di esprimersi anche fuori da quel contesto. Nel 2012 Einaudi mi chiese di scrivere il testo per una sua composizione, Nuvole Bianche. Nacque quindi questa versione cantata da me con un testo in salentino. Io già scrivevo dei testi, da questa collaborazione è arrivata la consapevolezza che potevo regalare dei miei testi alla musica o a quella di altri. È stata una esperienza molto importante per me».

Ha mai avuto tentazioni pop, vista anche questa esperienza?

«No. Mi rendo conto che ci sono linguaggi musicali ma anche relativi alla parola ai quali sono molto affezionata e dei quali non riesco a fare a meno. Sono quei linguaggi che mi appartengono e che descrivono il mio percorso e la persona che sono ora. E questi linguaggi sono un po’ lontani dal mondo del mainstream. Però, poi, chissà… Per ora non c’è stata quella tentazione».

Ci sono molti punti in comune fra la musica salentina e quella siciliana. Tuttavia, grazie forse al richiamo internazionale della Notte della Taranta, dal punto di vista sonoro la Puglia ha una maggiore visibilità rispetto all’Isola.

«A parte il linguaggio che all’orecchio è molto simile. Apparteniamo a un ceppo per cui possiamo comprenderci e, in generale, la grande famiglia delle tarantelle che abbraccia tutto il Meridione d’Italia. Sì, ci sono delle cose che si somigliano tanto. C’è una storia che ci accomuna. In Puglia, rispetto alla Sicilia, ci sono state operazioni sicuramente lungimiranti. Una fra tutte, che ricordo con molto affetto, è quella dei Sud Sound System che negli anni Novanta hanno messo il dialetto salentino all’interno di una musica che veniva da oltre oceano e lì si cominciò a parlare del Salento come la Jamaica d’Italia. E, andando un po’ indietro nel tempo, i collettivi e le operazioni di ricerca, recupero e riproposta portate avanti, per esempio, dal Canzoniere Grecanico Salentino negli anni Settanta o, ancora prima, le ricerche sul campo svolte nei territori. Fino alla più recente Notte della Taranta, sono stati passaggi importanti nel dare visibilità e nel rendere familiare questi generi musicali e portare attenzione culturale su questi territori».

In questi giorni è in studio con il Canzoniere Grecanico Salentino. Un ritorno all’ovile dopo la “scappatella” solitaria?

«L’anno prossimo il Canzoniere compirà cinquant’anni di storia – adesso siamo alla seconda generazione – e siamo in fase di scrittura del nuovo disco, preparando anche piccole sorprese. In realtà non ho mai smesso di collaborare con il Canzoniere e, comunque, la mia vita in solitaria continua. Sono impegnata nella scrittura di un piccolo spettacolo-racconto insieme a Vito De Lorenzi e sono anch’io nella fase di scrittura del secondo disco. Sono binari che viaggiano paralleli: la condivisione delle collaborazioni e quello dell’arrangiamento dei miei pensieri».

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