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Guerre, Iran, MeToo, Trump: i fronti di Cannes

– Si apre la edizione numero 77 del Festival francese con molti temi di attualità sul tappeto rosso
Grande attesa per il debutto il 21 maggio di  “Parthenope” di Paolo Sorrentino, unico italiano in gara. Il trailer
– Tra i film più attesi “Megalopolis” di Francis Ford Coppola, un progetto che il celebre regista americano cominciò a pensare e scrivere negli anni Ottanta. Il trailer

CANNES. «Ecco perché è bello, il cinema: è inutile!». Appena aperto il Festival di cannes, si registra già la frase della quindicina. È Léa Seydoux che la pronuncia, in una delle prime scene del piacevolissimo nuovo film del genio folle Quentin Dupieux, la commedia grottesca Le Deuxieme Act con superstar francesi come Lea Seydoux, Vincent Cassel e Louis Garrel, presentato martedì sera in apertura. Il suo soggetto? Dietro le quinte di un film con la finzione e la realtà che si mescolano allegramente. 

Che il più grande festival cinematografico del mondo faccia sentire forte e chiaro questa formula apparentemente ironica si rivela abbastanza allegra – o realistica, non si sa ancora molto bene. Se il mondo sembra pulsare al ritmo dei film durante l’appuntamento sulla Croisette, gli ultimi anni hanno rafforzato la specificità e il ruolo di Cannes come baluardo, bastione, lo chiameremo come preferiamo, a favore di una concezione artistica del cinema che cerca proprio di dire che serve a qualcosa. Contro vento e maree.

In mezzo alle feste e alle offerte dietro le quinte, ai red carpet, alcuni film cercano di illuminare le nostre lanterne. Quest’anno, solo nella competizione, alcuni clienti abituali (Jacques Audiard con la sua commedia musicale Emilia Perez, Yorgos Lanthimos per Kinds of Kindness, David Cronenberg e il suo funerale Les Linceuls, in particolare) incontreranno un magnifico Francis Ford Coppola che, a 85 anni, presenta il suo più che atteso Megalopolis e giovani registi ancora poco abituati agli onori (le francesi Agathe Riedinger e Coralie Fargeat, l’indiana Payal Kapadia). Megalopolis di Francis Ford Coppola è il progetto che il celebre regista americano cominciò a pensare e scrivere negli anni Ottanta e che si è infine finanziato da solo per un totale di 120 milioni di dollari. Del film si discute da anni  tra appassionati e addetti ai lavori: il protagonista è interpretato da Adam Driver e martedì è uscito il primo trailer.

C’è chi ha fatto notare che sarà un’edizione con una concentrazione particolare di registi della cosiddetta New Hollywood (il periodo di innovazione cinematografica che va dalla metà degli anni Sessanta ai primi anni Ottanta): oltre a Coppola e Lucas, ci sarà infatti anche il regista e sceneggiatore Paul Schrader (sceneggiatore di Taxi Driver) col film Oh, Canada: il protagonista sarà Richard Gere, e il suo personaggio da giovane sarà interpretato da Jacob Elordi.

Gli italiani sulla Croisette

Per la Palma d’oro l’Italia punta su Parthenope di Paolo Sorrentino il cui poster meraviglioso, con la giovane musa Celeste Della Porta che nuota tra le acque del golfo di Napoli con il Vesuvio nel fondale, giganteggia sulla Croisette. Debutto previsto per il 21 maggio. 

A Valeria Golino, una pupilla di Cannes (come è ormai anche Favino) l’onore il 22 maggio del Rendez Vous, la masterclass nel programma ufficiale (gli altri prof 2024 si chiamano la palma d’oro onoraria alla carriera Meryl Streep e George Lucas) e l’anteprima mondiale di un episodio della serie che ha diretto, L’Arte della Gioia, con il talento ventenne Tecla Insolia protagonista delle sei parti Sky Original dal romanzo omonimo di Goliarda Sapienza, anche qui storia al femminile di un’avida di vita pronta a rubare tutto.

I Dannati di Roberto Minervini che prova ad applicare il suo cinema documentario, in cui si ritrova l’umanità nel tutto, persone, natura, animali ad un primo film di finzione, ambientato durante la guerra di Secessione, un momento storico – ha spiegato il regista di Louisiana e Che fare quando il mondo è in fiamme? – in cui si trovano le radici dell’America di questi anni, la divisione tra Nord e Sud, la statalizzazione del cristianesimo e un prototipo di mascolinità tossica. Sarà in sala con Lucky Red dal 16 maggio in contemporanea con il Festival.

I temi “caldi”

«Cannes fa politica? Sono gli autori ad essere cittadini e a leggere da artisti il nostro tempo. Non siamo noi a fare la politica, noi selezioniamo i film migliori, giudichiamo la qualità dell’opera»: è il benvenuto di Thierry Fremaux, delegato generale del Festival di Cannes edizione numero 77, madrina Camille Cottin, presidente di giuria Greta Gerwig, autrice del fenomeno Barbie, Pierfrancesco Favino giurato italiano.

Il discorso di Fremaux è logico e neppure inedito, la selezione del cinema migliore è la vocazione di un festival come Cannes, ma è anche un dato di fatto che in queste quasi due settimane sulla Croisette si vedrà di tutto, un concentrato di politica, ad alto rischio di polemiche. Come sempre, più di sempre.

METOO. La questione femminileè un fronte caldissimo a cominciare dal cortometraggio partecipato Moi Aussi ossia MeToo dell’attivista francese Judith Godrèche che ha denunciato la violenza sessuale di Benoit Jacquot e Jacques Doillon quando lei aveva solo 15 anni. Godrèche, inserita all’ultimo nel festival quando già impazzavano rumors di notizie di scandali di abusi che usciranno nei prossimi giorni, ieri mattina era a Parigi con un centinaio di attiviste a chiedere le dimissioni di Dominique Boutunnat che sarà processato a giugno per aggressioni sessuali, ma intanto è al suo posto di presidente del Cnc, il centro nazionale del cinema.
A Cannes si prevedono altri presidi oltre al lancio il 17 del nuovo studio sulla parità di genere nel cinema francese, dopo quello clamoroso di cinque anni fa, del Collectif 50/50, esempio di scuola in tutto il mondo. E i lavoratori dei festival francesi, che sono molti e precari, hanno già fatto sapere di azioni di protesta sulla Montée des Marches, mentre Fremaux ha assicurato di essere dalla loro parte «per una migliore equità e giustizia salariale».

Il regista iraniano Mohammad Rasoulof è stato condannato dal regime degli ayatollah a 8 anni di carcere e alla fustigazione


IRAN. La notizia dell’ultima ora riguarda Mohammad Rasoulof, il celebre regista iraniano che ha in concorso il top secret e senza visto di censura Il seme del fico sacro, appena condannato dal regime degli ayatollah a 8 anni di carcere e alla fustigazione, si è reso irreperibile e ha confermato di essere riuscito a lasciare il suo Paese d’origine e di trovarsi attualmente in una località segreta in Europa. E potrebbe addirittura essere clamorosamente presente all’anteprima mondiale del festival.
Rasoulof denuncia senza giri di parole che «la Repubblica islamica ha preso di mira le vite di manifestanti e attivisti per i diritti civili. È difficile da credere, ma proprio in questo momento mentre scrivo, il giovane rapper Toomaj Salehi è detenuto in carcere ed è stato condannato a morte. Prima che i servizi segreti della Repubblica islamica venissero informati della produzione del mio film, un certo numero di attori è riuscito a lasciare l’Iran. Tuttavia, molti degli attori e degli agenti del film sono ancora in Iran e il sistema di intelligence sta facendo pressione su di loro con minacce e perquisizioni» ha detto il regista dall’esilio, appellandosi al sostegno delle organizzazioni cinematografiche internazionali.
LE GUERRE. Sulle guerre c’è il film militante L’invasione (un titolo che già spiega tutto) dell’ucraino Sergei Loznitsa che descrive la vita della popolazione civile in tutta l’Ucraina, mostrando la resilienza del suo popolo di fronte all’invasione russa, e il politicamente scorretto La belle de Gaza di Yolande Zauberman, storia Lgbt tra Tel Aviv e Gaza. Non ci sono film da Israele, ha provocato Fremaux un giornalista, per il timore di manifestazioni? «Abbiamo scelto i film migliori, la risposta è questa, nessuna scelta politica», ha ribadito il direttore di Cannes.
TRUMP. E poi c’è The Apprentice di Ali Abbasi sul giovane Trump (interpretato da Sebastian Stan). Ripercussioni sulle elezioni americane? «È utopia», ha commentato  Thierry Fremaux. «Vi ricordo che nel 2004 Michael Moore vinse la Palma d’oro con Fahrehneit 9/11 e George Bush ebbe un mandato presidenziale finito solo nel 2009».

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