Storia

Cico Messina: un nuovo racconto per la Sicilia

– Il cantautore di Mazara del Vallo è fra i finalisti della XVII edizione del Premio Andrea Parodi. «Credo ci sia una sorta di parallelismo fra la mia vocalità e quella del compianto leader dei Tazenda»
– Un “cervello in fuga” di ritorno: «Per 11 anni in Toscana, ma si deve rientrare. La voglia di conoscere la mia terra, portando la mia musica al pubblico siciliano mi ha fatto superare ogni ostacolo» 
– Come la sua città si confonde con Tunisi, il suo Mediterraneo si specchia nell’Oceano. Nei testi i poeti arabo-siculi. «C’è bisogno di un racconto nuovo della Sicilia, nel quale i siciliani si ritrovino»

Gli artisti siciliani hanno una buona tradizione al Premio Andrea Parodi, da diciassette anni dedicato al compianto leader dei Tazenda scomparso nel 2006 ad appena 51 anni. E anche quest’anno un musicista isolano è riuscito a entrare nella rosa dei finalisti che si confronteranno al Teatro Massimo di Cagliari dal 10 al 12 ottobre prossimi.

Con Cleo e Sodà, due singoli che abbracciano il suo mondo musicale, sarà Cico Messina, da Mazara del Vallo, a rappresentare la Sicilia in una finale internazionale che mette insieme Sandra Bautista González (Barcellona), Andrea Bitai (Ungheria / Udine), Cristina Cafiero (Napoli), Chiara D’Auria (Tito – Potenza), Gabo Naas (Argentina / Berlino), Alvise Nodale (Sutrio – Udine), Valdi (Colombia / Barcellona), Carlo Vannini (Napoli). 

Cico Messina è una delle realtà emergenti fra le più interessanti della nuova musica siciliana. Nelle sue composizioni colora la realtà locale con i toni color pastello della musica sudamericana o con quelli più accesi dei Caraibi e di Capoverde. Con una vena cantautorale che fa capolino, come nel caso del brano Cleo, molto giocata sulla voce, e lo sguardo rivolto alla sua terra.

Eppure, pensando alle origini, Mazara del Vallo con la sua kasba, si sarebbe immaginato un legame con il mondo maghrebino, piuttosto che con quello d’oltre oceano.

«L’idea originale con Nura (il primo singolo, pubblicato nel 2020, ndr) era quella di evidenziare le varie stratificazioni linguistiche del siciliano», risponde Cico Messina da Favignana, dove si trova per occuparsi della direzione artistica di una piccola rassegna musicale. «Poi c’era anche il tentativo di modellare il sentimento siciliano, che purtroppo, nell’antologia musicale, ha sempre raccontato di tragedie. Fare un racconto diverso della Sicilia per arrivare alle tantissime persone che vivono fuori era questo il mio desiderio iniziale. Le influenze del Sudamerica si avvertono perché l’aver suonato con un gruppo di argentini mi ha influenzato molto. Il mio viaggio in Portogallo e la mia permanenza lì mi ha ispirato quei suoni lusofoni, che fanno parte anche di Capoverde. Nonostante le sonorità siano oceaniche, mischiate con quelle mediterranee, nei testi c’è un richiamo alla scuola siciliana, ai poeti arabo-siculi. Come nel caso di Sikelia, quando nel ritornello canto “Oh, comu quannu Zefiru / Ni ciucia lu so Abir / Iu sonnu Tunisi”: è una citazione tratta da ibn Ḥamdīs (poeta arabo vissuto fra Siracusa e Noto a cavallo tra l’XI e il XII secolo, ndr). Parole con cui voglio indicare che stando in Sicilia è facile sognare la Tunisia, è quasi un gioco di specchi, che confonde. Quando si arriva a Mazara si genera una confusione: non si capisce più se ci si trovi da una parte o dall’altra del Mediterraneo».

Alle selezioni per il Premio Parodi quali composizioni hai presentato?

«Ho presentato Cleo e Sodà»

Come mai questa scelta? Cleo mi sembra un brano più vicino alla canzone d’autore.

«Cleo mi piace per l’atmosfera che crea nel “live”, perché è molto evocativa. È stata una canzone quasi estemporanea. Avevo questo arpeggio che mi rievocava immagini. Io cerco sempre di rendere ambiguo il soggetto della canzone. Cleo può far pensare a una donna, invece per me è sempre un luogo la fonte d’ispirazione. Cleo risulta così una sorta di lamento e resta ambigua nel testo. È una canzone impegnativa a livello vocale e, nel contesto del Parodi, credo che si collochi molto bene. Ascoltando molti lavori di Andrea, ho trovato che poteva esserci una sorta di parallelismo con la mia vocalità. È un brano che mi piace molto, forse il meno commerciale».

In Sodà canti di un’«Isola timida».

«I siciliani nascono con un abito pieno di stereotipi che se lo portano addosso per sempre. Stereotipi come quello del mafioso, del siciliano che non sa parlare l’italiano, quando il nostro dialetto è il fratello nobile della lingua di Dante. Questa sorta di timore reverenziale che ci portiamo dietro cerco di ribaltarlo, alzando l’autostima. Dico che è un’isola timida perché in realtà se ne sta lì sola, in mezzo al mare. Cerca di parlare poco e questo si confonde con l’omertà, in realtà è flemma, data dal clima, dalla sua posizione geografica, dalle varie dominazioni che ha subìto». 

Perché hai scelto di partecipare al Premio Parodi?

«Quando ero piccolo, mi ricordo esattamente l’interpretazione dei Tazenda al Festival di Sanremo. Mi colpì la vocalità di Andrea Parodi, mi colpirono moltissimi i suoni, inediti per quel tempo a Sanremo, permeati di world music, strumenti etnici. Avendo poi scelto questo percorso nella vita, appassionandomi alle sonorità etniche, dedicandomi alla ricerca etnomusicologica, quel mondo esercita un’attrazione su di me. Inoltre, ritenevo che la mia proposta potesse essere adatta al contesto».

Io pensavo che ti trovassi a Favignana per registrare finalmente il tuo album di debutto. Tanti singoli e ancora nessun lavoro completo.

«Mi manca l’album perché ho un contratto con Believe di tre anni, che prevede la produzione di cinque singoli e, con loro, abbiamo concordato di portare avanti questa strategia di uscita».

Francesco “Cico” Messina

Un musicista della Sicilia sud occidentale incontra più difficoltà nel cercare visibilità rispetto a uno di Palermo o Catania. Una rete stradale arcaica, poche occasioni di suonare.

«È verissimo questo. Io sono al quarto giro della Sicilia quest’anno e incontro grandi problemi per gli spostamenti stradali. Non è facile, ma era mio desiderio conoscere la Sicilia facendo musica. Io ho vissuto per undici anni in Toscana, mi sono reso conto di non conoscere la terra nella quale sono nato 38 anni fa. Così ho deciso di approfondire questa conoscenza, portando la mia musica, di incontrare il pubblico siciliano. Sono stato spinto da questo desiderio che mi ha fatto superare ogni ostacolo. Credo che ci sia bisogno di un racconto nuovo della Sicilia e che i siciliani si ritrovino in questo racconto».

Tu sei quindi un “cervello in fuga” di ritorno?

«Io a 18 anni, come tanti, sono partito dalla Sicilia per andare a studiare fuori. La narrazione è: “In Sicilia non ci sono opportunità”. E, quindi, sono andato via e sono rimasto a Pisa, dove studiavo comunicazione, per undici anni. La voglia di suonare, di esibirmi, di raccontare, mi ha portato a creare un gruppo con alcuni ragazzi. Abbiamo vinto un bando Siae all’epoca, che ci ha consentito di viaggiare per tutta l’Europa portando la nostra proposta. E da lì non mi sono più fermato. Alla fine del 2018 sono rientrato in Sicilia. Il viaggio è una cosa importantissima. Ma è importante provare a ritornare, anche se è molto difficile. Perché altrimenti si crea un circolo vizioso: le opportunità vengono a mancare perché la gente parte e le generazioni si perdono. Per me il ritorno è diventato ragione di vita e continuo a crederci. Mi hanno proposto di spostarmi a Roma, ma per me è troppo più importante rimanere qui». 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *