Storia

Bradley Zero e i suoi “hi-fi bar”

– Il DJ inglese di sangue caraibico venerdì 31 maggio sarà ospite del “The Island Festival” di Pantelleria che prende il via giovedì 30
– Considerato una delle figure più importanti della cultura musicale dance moderna, capace di cementare legami profondi tra house, jazz, soul, elettronica, musica dub/soundsystem e suoni globali
– A Londra ha creato dei “bar d’ascolto” che stanno aprendo una nuova via alla cultura della convivialità: «Come se fossero feste in casa aperte a tutti»

Bradley Zero è una delle figure più importanti della cultura musicale dance moderna. Come DJ hard-touring di fama internazionale, e tramite la sua etichetta Rhythm Section International, ha contribuito a cementare legami profondi tra house, jazz, soul, elettronica, musica dub/soundsystem e suoni globali più ampi, forgiando stretti legami tra scene locali dall’Australia al Brasile, dal Giappone a Pantelleria, dove venerdì 31 maggio sarà fra i protagonisti del “The Island Festival”. 

Nello stesso tempo, è sempre stato orgoglioso di rappresentare le sue radici nel patrimonio britannico e caraibico e nella sua città natale di Leeds nel West Yorkshire e, da quando ha fatto la sua base a Peckham, nel sud-est di Londra, è stato determinante nell’ascesa di quel distretto per diventare una parte culturalmente vitale della capitale del Regno Unito.

Bradley Zero

Troppo spesso quell’ascesa è andata di pari passo con la gentrificazione, ma la scena di cui Bradley Zero e Rhythm Section International hanno fatto parte si è sempre concentrata sulla diversità sociale e culturale. Questo è stato amplificato dalla creazione di un “hi-fi bar”, Jumbi a Peckham, seguito da un locale gemello, il Moko a Tottenham, nel nord di Londra. Entrambi hanno l’ingresso gratuito, con punch al rum alla spina e cibo influenzato da St Lucian e Trinidad, e invitano i DJ ospiti a suonare «come in un soggiorno», anche se con altoparlanti molto grandi e fantasiosi. E tutti contribuiscono a creare un’atmosfera calda e inclusiva.

«Vengo dal mondo delle belle arti che è poco diversificato e non rappresentativo ed ha una forma piramidale, con tutto il potere e il denaro in cima, concentrato in pochissime persone», racconta. «La musica mi sembrava molto più democratica, molto più diversificata, molto più equa, ma quando ti ritrovi a salire la scala sociale ed a incontrare persone che prendono le grandi decisioni, ti rendi conto che no, non lo è. Ho sempre voluto aprire un bar. È stato un mio sogno per vent’anni».

Bradley Zero segue il modello dello scrittore e accademico Paul Gilroy che ritiene la cultura caraibica portatrice di convivialità. «Quello che abbiamo creato è deliberatamente una sorta di estensione del soggiorno di casa mia. E quando entro lì e sento l’odore del cibo, mi ricorda davvero di entrare nella cucina di mia nonna quando ero bambino. Penso che i principi fondamentali dell’ospitalità siano proprio questi: far sentire le persone a casa. E mi piace pensare che abbiamo creato una casa, o almeno una stanza in cui tutti sono invitati. Quindi sì, il principio della convivialità, dell’ospitalità, come punto di riferimento culturale».

E poi la musica. Perché i locali di Bradley Zero sono, soprattutto, “bar d’ascolto”. Quindi l’importanza del suono. «Solo la parola “ascolto” ti fa pensare al silenzio e alle regole, come scrivere il menu delle bevande su un pezzo di carta per non disturbare la santità del suono. Sono stato nei bar di ascolto in Giappone, ma non era quello che cercavo. Volevao creare qualcosa di più simile a una festa blues, feste in casa aperte a tutti, un incontro basato sulla comunità. Quindi, il suono e la qualità del suono sono importanti per noi, ma con una idea di “ascolto” che prevede la qualità, perché è importante. Pensavamo che sarebbe stato un bar che resta aperto sino a tarda notte, con cibo, gente seduta e musica in sottofondo, ma è diventato quasi un ambiente da club. È un omaggio diretto a due filoni della nostra ispirazione musicale: uno è il sistema audio reggae, il Jah Shakas, l’Aba Shanti-Is, i Channel Ones, che fanno le loro cose con un solo giradischi abbinato ad alcune sirene dub, echi e un microfono. E l’altro lato è la scuola di David Mancuso: solo un giradischi, selezione su tutto, lasciando che ogni canzone suoni sino alla fine, per godersela per intero».

La line-up di “The Island”

“Rethink The Future Ritual” è il claim di questa nuova edizione di “The Island”: l’obiettivo è quello di riscrivere insieme un’idea migliore di futuro. Per dare inizio al festival nel migliore dei modi, durante la prima serata, un rituale coinvolgerà i partecipanti presso il suggestivo porto di Scauri nella realizzazione di una scenografia magica: ogni ospite accenderà una candela sotto alla statua della dea Tanit – divinità pantesca e simbolo scelto dal festival – e unirà all’accensione il proprio desiderio per un futuro migliore. Questi gli ospiti musicali della rassegna:

  • Giovedì 30 maggio – Moxie, nome d’arte di Alice Moxom, è un portento della musica dance londinese che si è contraddistinta per la sua voce iconica.
  • Venerdì 31 maggio: Bradley ZeroToy Tonics, collettivo musicale e artistico tedesco dedicato alla musica dance con influenze soul e indie. Il loro stile musicale spazia dalla disco underground al new wave funk, passando per l’house fino alla musica elettronica più stravagante.
  • Sabato 1 giugno: Floating Points, DJ britannico, musicista e produttore di musica elettronica; John Talabot, DJ catalano originario di Barcellona che occupa una posizione piuttosto unica nell’attuale panorama elettronico. Con una visione legata al mondo della dancefloor, Talabot ha un approccio unico per la creazione di suoni, tanto da permettergli di calcare i principali palchi di tutto il mondo.

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