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Un documentario su Gabriella Ferri

– A vent’anni dalla sua scomparsa sabato 12 ottobre Rai3 trasmette in prima serata “Gabriella”, racconto intimo che ripercorre la vita dell’artista dalla nascita nel quartiere di Testaccio fino al successo degli anni Ottanta
– “Regina della musica romana”, ha però cantato anche la tradizione napoletana e brani popolari del Sudamerica, famosa nel mondo per il brano “Te regalo yo mis ojos”. Partecipò al Festival di Sanremo in coppia con Stevie Wonder

Una cantante, un’attrice, un’interprete, un clown, il simbolo di una città intera, tutto questo e molto di più è Gabriella Ferri, una delle interpreti più uniche e appassionate della canzone italiana, una figura iconica che ha saputo unire tradizione popolare e sensibilità artistica. Con la sua voce intensa e inconfondibile, e un talento drammatico raro, Ferri ha esplorato una vasta gamma di generi, dal folk romano alle ballate napoletane, portando una teatralità ineguagliabile nelle sue esibizioni. È il ritratto che disegna il documentario Gabriella, di Giovanni Filippetto con la regia di Alessandro Galluzzi, coprodotto da Red Film con Rai Documentari e Cinecittà, in onda sabato 12 ottobre in prima serata su Rai3 (anteprima giovedì 10 ottobre alle ore 19:00 al Cinema Farnese Arthouse di Campo de’ Fiori, zona che l’artista era solita frequentare).

Gabriella è un racconto intimo che ripercorre la vita di Gabriella Ferri dalla nascita nel quartiere di Testaccio fino al successo degli anni Ottanta. E Roma ha un ruolo importante nella narrazione, perché la città eterna ha accompagnato Gabriella Ferri sin dall’inizio della sua carriera. Dopo gli esordi milanesi in coppia con Luisa De Santis, Gabriella tornò da sola nella sua Roma, nel 1966, per approdare al Bagaglino, divenendone la cantante ufficiale. Artista poliedrica a tutto tondo, se ne ricordano le sue performance nei programmi Rai quali Dove sta Zazà e Mazzabubú. Nel 1969, la sua unica partecipazione al Festival di Sanremo con Se tu ragazzo mio, in coppia con Stevie Wonder. Dagli anni Settanta, il successo discografico in Italia e nel Sud America, che ha fatto innamorare il pubblico dei suoi stornelli romani e non solo. A ricordarla, con affetto e commozione, amici e colleghi come Carlo Verdone, Tosca, Renzo Arbore, Syria, Pierfrancesco Pingitore, Pippo Franco e tanti altri.

I primi passi nel mondo dello spettacolo

Gabriella Ferri nacque il 18 settembre 1942 a Roma. La sua infanzia fu segnata dall’influenza della tradizione musicale romana, in particolare delle canzoni popolari che si cantavano nelle strade della capitale. Il padre, Vittorio Ferri, era un ciabattino con la passione per la musica e per l’arte del teatro, e questo ambiente familiare diede a Gabriella la sua prima educazione artistica. Sin da giovane, Ferri mostrò una naturale inclinazione per la musica e il canto, distinguendosi per una voce potente e dal timbro unico.

Gli anni Sessanta segnarono l’inizio della carriera artistica di Gabriella Ferri. Dapprima lavorò in una drogheria per aiutare la famiglia, ma la passione per il canto era troppo forte per essere ignorata. Presto cominciò a frequentare i cabaret romani, dove ebbe l’opportunità di esibirsi per la prima volta. Ferri attirò l’attenzione del pubblico con la sua personalità carismatica e la sua capacità di interpretare le canzoni popolari romane in modo profondo e coinvolgente.

Nel 1963, Ferri ottenne il suo primo grande successo come parte del duo “Gabriella e Luisa” insieme a Luisa De Santis, figlia del regista Giuseppe De Santis. Le due si esibirono in un repertorio che spaziava dalle canzoni popolari romane a quelle napoletane, con un’interpretazione che miscelava ironia e malinconia. Fu in quel contesto che Ferri sviluppò il suo stile unico, caratterizzato da una profonda espressività e un legame forte con la tradizione popolare.

Un anno dopo decidono di andare a vivere a Milano, dove grazie alle conoscenze di De Santis trovano l’appoggio di alcuni intellettuali. Il colpaccio però lo mettono a segno quando l’entusiasta Enzo Jannacci riesce a farle esibire all’Intra’s Derby Club. Lì attirano l’attenzione del discografico Walter Guertler, che le mette sotto contratto per la Jolly, e di Mike Bongiorno, che le chiama per partecipare alla trasmissione La fiera dei sogni, dove cantano La società dei magnaccioni. È quello il primo contatto di Gabriella Ferri con il grande pubblico e la televisione.

Il successo nazionale di Gabriella Ferri arrivò alla fine degli anni Sessanta, quando l’artista cominciò a esibirsi in programmi televisivi e a incidere i suoi primi dischi. Nel 1969, pubblicò il suo primo album da solista, Gabriella Ferri, che conteneva brani come L’amore è facile e Sinnò me moro. Quest’ultimo pezzo, in particolare, divenne uno dei brani più emblematici del suo repertorio e segnò il suo legame indissolubile con la tradizione musicale romana.

La consacrazione con “Te regalo yo mis ojos”

Dopo aver girato Canada e Stati Uniti nell’estate del 1966, con lo spettacolo Folkitalia (in compagnia di Caterina Bueno, Otello Profazio e Matteo Salvatore), Gabriella rientra a Roma. In questo periodo frequenta il bar Rosati, uno dei più in della città, dove conosce artisti affermati come Vittorio Gassman e Nino Manfredi, nonché un giovane Renzo Arbore, appena sbarcato nella capitale. Il futuro presentatore la fa appassionare al repertorio napoletano, che finirà con l’occupare un cospicuo spazio del suo canzoniere.

Sul finire dell’anno debutta al Bagaglino, compagnia teatrale fondata l’anno prima da Pier Francesco Pingitore e Mario Castellacci. È tramite questa esperienza che Gabriella inizia a sviluppare il suo proverbiale piglio teatrale e clownesco.

All’inizio del 1969 partecipa a Sanremo con Se tu ragazzo mio, brano che mescola rhythm and blues, folk e arrangiamenti barocchi. A suonare l’armonica a bocca da dietro le quinte è un giovanissimo Stevie Wonder, che poi sale sul palco per interpretare la sua versione del brano, in uno stentatissimo italiano. È l’ennesimo flop: il brano viene eliminato subito e non entra in alcuna classifica di vendita.

Quando però tutto sembra perduto, accade l’impensabile. Gabriella incide Te regalo yo mis ojos, versione spagnola di Ti regalo gli occhi miei, per lanciarla sul mercato sudamericano. È un successo enorme, che spinge la cantante a intraprendere un tour in quei paesi, dove verrà accolta da un bagno di folla. Buffo pensare come oggi la memoria di Gabriella Ferri sia quella di un’artista da canzone dialettale e quindi strettamente legata alla propria nazione, quando su larga scala è stata in realtà apprezzata per la prima volta dall’altra parte dell’oceano e dell’equatore.

Te regalo yo mis ojos è un capolavoro (il testo in spagnolo suona nettamente più poetico rispetto alla versione originale), oltre che plausibilmente il 45 giri più venduto del 1969 da parte di un artista italiano. In quei paesi è in seguito divenuto uno standard, contando a oggi innumerevoli cover.

Durante gli anni Settanta, consolidò la sua fama con la partecipazione a numerosi programmi televisivi, tra cui il celebre Dove sta Zazà (1973), uno spettacolo che univa musica, teatro e varietà. In questo programma, Ferri dimostrò tutta la sua versatilità artistica, interpretando brani popolari con una forza drammatica e un umorismo che conquistarono il pubblico.

Gabriella Ferri era un’artista poliedrica, capace di muoversi con disinvoltura tra generi diversi, mantenendo sempre una forte identità. Il suo repertorio spaziava dal folk italiano, con una predilezione per le canzoni popolari romane e napoletane, al cabaret, fino alle canzoni d’autore. Uno degli aspetti più affascinanti della sua carriera fu la sua capacità di mescolare il tragico e il comico, l’alto e il basso, in una sintesi perfetta di espressività.

Il suo legame con il teatro era altrettanto forte. Portava nelle sue esibizioni una teatralità che rendeva ogni performance un’esperienza unica. La sua presenza scenica era magnetica: attraverso il suo corpo, la sua voce e i suoi gesti, riusciva a comunicare emozioni intense, creando un dialogo diretto con il pubblico.

Le interpretazioni delle canzoni popolari

Uno degli aspetti più distintivi della carriera di Gabriella Ferri è stato il suo impegno nella valorizzazione delle canzoni popolari italiane. Sin dagli inizi della sua carriera, Ferri ha dedicato grande attenzione al repertorio folk, in particolare alle canzoni della tradizione romana e napoletana. Queste canzoni, spesso dimenticate o considerate marginali, vennero riscoperte grazie alla sua interpretazione intensa e passionale.

Brani come La società dei magnaccioniSempre e Reginella fanno parte del suo repertorio più amato. Ferri riusciva a rendere attuali canzoni scritte decenni prima, trasmettendo con la sua voce tutto il dolore, la gioia e la malinconia che caratterizzavano le storie raccontate da questi pezzi.

L’abilità di Ferri stava nel trasformare le canzoni popolari in piccoli atti teatrali. Ogni brano diventava una storia che lei raccontava con tutta se stessa, come se fosse un racconto autobiografico. Questo legame con la canzone folk ha reso Ferri una sorta di custode della tradizione musicale italiana, pur mantenendo un approccio moderno e personale.

L’11 settembre 1973 il generale Augusto Pinochet prende il potere in Cile e mette il bavaglio a tutte le manifestazioni culturali del paese. Cinque giorni dopo il cantautore Víctor Jara viene orrendamente trucidato, insieme a molti altri dissidenti. Gli Inti Illimani, uno dei collettivi più rinomati di quella scena, si rifugiano in Italia, dove incontreranno un periodo di notevole popolarità. In questo riacceso interesse pubblico per le vicende dell’America latina, Gabriella trova probabilmente la convinzione per affrontare il repertorio popolare di quei luoghi. Gli dedica così il primo lato del nuovo album, Remedioscon cover di brani popolari come La palomaCielito lindoLa cucarachaLa malagueñaGrazie alla vita.

Il lato oscuro della sua personalità

Gabriella Ferri non era solo un’artista straordinaria, ma anche una persona complessa e profonda, capace di grande sensibilità ma anche di momenti di fragilità. La sua vita privata è stata spesso segnata da difficoltà personali, tra cui periodi di depressione che l’accompagnarono per gran parte della sua esistenza. Questo lato oscuro della sua personalità si rifletteva anche nella sua arte, in cui l’alternanza tra il tragico e il comico, tra la malinconia e l’ironia, era sempre presente.

Ferri ha sempre vissuto la sua arte come una sorta di catarsi, un modo per esprimere le sue emozioni più intime e per affrontare le sue paure. Il suo rapporto con la musica era viscerale, e ogni performance era un atto di sincerità. Questa capacità di mettere a nudo se stessa sul palco ha fatto di Ferri un’artista amata dal pubblico, che riconosceva in lei una voce autentica e senza compromessi.

La sua fragilità, però, ebbe anche un impatto sulla sua carriera. Dopo il grande successo degli anni Settanta, Gabriella Ferri cominciò a ritirarsi progressivamente dalle scene, preferendo concentrarsi su progetti più intimi e meno esposti mediaticamente. Nonostante questo, continuò a esibirsi sporadicamente e a incidere dischi fino agli anni Novanta, mantenendo sempre un rapporto speciale con il suo pubblico.

L’eredità artistica

La scomparsa di Gabriella Ferri, avvenuta tragicamente il 3 aprile 2004, ha lasciato un grande vuoto nel panorama musicale italiano. Tuttavia, il suo contributo alla cultura e alla musica del Paese è ancora vivo, e il suo nome continua a essere associato all’autenticità e alla passione artistica.

Ferri ha lasciato un’eredità che va ben oltre le sue canzoni. Ha rappresentato una figura di riferimento per tutti quegli artisti che cercano di mantenere un legame con le proprie radici, pur innovando e sperimentando.

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