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40 anni fa da Siracusa l’urlo della new wave

– Sul finire dell’estate 1984 all’Ara di Ierone la prima edizione dello storico Magna Grecia Festival: contribuì a creare un forte senso di comunità tra i giovani appassionati di rock, punk e new wave, favorendo la crescita di una scena musicale vivace e innovativa. I ricordi di chi c’era
–  L’ex Denovo Luca Madonia: «Si avvertiva quella sensazione di un cambiamento musicale in corso, si sentiva un nuovo vento». Peppe Servillo degli Avion Travel: «Una tappa fondamentale per noi, una esperienza formativa importante che ha avuto influenza anche sulla nostra evoluzione. La sventura-fortuna del furgone rotto»
 – Fabio Incastrone dei Raw Steel: «Si respirava una strana atmosfera di sacralità: arrivavano il rock, il pop, le nuove realtà italiane e non solo». Il “giallo” del finale con il concerto interrotto dei Litfiba e gli intrighi che hanno portato alla fine di questa esperienza svelati da Salvo Ferlito

Doveva essere una semplice rassegna di gruppi emergenti italiani, divenne un punto di riferimento per la musica rock degli anni Ottanta, trampolino di lancio di band come Litfiba, Denovo, Avion Travel, Bisca. Non solo. Fra quegli “absolute beginners” c’era anche il gruppo di teatro danza messinese dei Nutrimenti Terrestri dal quale verrà fuori Ninni Bruschetta, oggi diventato il “prezzemolo” di molte produzioni televisive e cinematografiche.

Era il Magna Grecia Festival, al quale soltanto in un secondo momento sarebbe stata aggiunta la definizione “rock”, prima e unica manifestazione siciliana a scegliere come campo d’azione quello della musica giovane. E il 15 settembre di quarant’anni fa l’Ara di Ierone di Siracusa accoglieva ragazzi provenienti dal gran parte del Meridione “affamati” di musica nuova e sonorità alternative. C’era stato un esperimento due anni prima a Napoli, ma è nella città aretusea che la manifestazione pianta le radici grazie al suo direttore artistico, Salvo Ferlito, all’amministrazione provinciale del tempo, ed al Centro attività giovani. 

In cartellone c’erano i citati Nutrimenti Terrestri, il gruppo siracusano “citazionista” 37° Parallelo di Attilio Ierna e i napoletani Bisca nella prima serata. Il nuovo rock italiano era il protagonista della giornata successiva con i siracusani Raw Steel di Fabio Incastrone e i catanesi Denovo. Conclusioni affidate ai casertani Avion Travel e i Litfiba. Le tre serate, mettendo a confronto formazioni di diverse estrazioni e orientamenti, rappresentarono un momento di sintesi e di sfida all’ottusità delle grandi case discografiche che ancora non avevano intuito le potenzialità del nuovo rock. 

I Denovo dal Magna Grecia alla corte di Arbore

«Si avvertiva quella sensazione di un cambiamento musicale in corso, si sentiva un nuovo vento», ricorda Luca Madonia, allora frontman dei Denovo, fra gli eroi della prima edizione del Festival aretuseo. «Stava crescendo un nuovo movimento musicale, quello dei gruppi new wave e la Sicilia era al centro. I gruppi nazionali venivano giù e questa era una bella vittoria». 

Per la band dei fratelli Madonia (l’altro è Gabriele), Mario Venuti e del compianto Tony Carbone erano i primi passi: era appena uscito il “Qdisc” Niente insetti su Wilma e il Magna Grecia rappresentò un importante banco di prova. «Mi presentai con un camicione bianco e azzurro lunghissimo, sembravo in camicia da notte», ride Luca Madonia. «Azzardavamo in tutti i modi, anche nel look. Era anche l’ingenuità dei vent’anni». 

La loro miscela di rock e new wave che mescolava Beatles e XTC fu accolta con grande entusiasmo. «È stata una bella sensazione, da parte del pubblico c’era molta attenzione nei confronti di questo movimento. Da lì a poco ci sarebbe stata una svolta musicale importante», commenta l’autore de L’alieno. «Eravamo nell’era pre-cellulari, pre-internet e pre-tutto, potevamo farci conoscere soltanto attraverso le performance “live” e vedevamo crescere il pubblico di concerto in concerto». Pochi mesi dopo avremmo trovato i Denovo nel salotto di Renzo Arbore, a Quelli della Notte.

Fabio Incastrone

Batterie e gelosie sul palco

Con Gabriele Madonia, il più focoso del gruppo catanese, ebbe un diverbio il collega dei Raw Steel. «Durante il soundcheck, in un afoso pomeriggio, avevo con me il drum set completo», racconta Fabio Incastrone, batterista della band siracusana. «Non appena iniziai a montarlo lui, Gabriele Madonia, venne da me dicendo che non avrebbe suonato con la mia batteria. Risposi: “Ok, suoniamo con la tua”. E lui: “Non ti faccio suonare con la mia, montiamone due”. A quel punto il tecnico audio intervenne dicendo che non aveva microfoni a sufficienza per due set. Fu grazie a Luca Madonia che la situazione trovò soluzione: «Ava’ finiscila, Gabriele, fai suonare Fabio con la tua. Il compromesso fu: batteria dei Denovo e piatti dei Raw Steel (cioè miei). Molti anni dopo, in occasione del tour di reunion, Gabriele volle suonare con la mia batteria nella loro tappa siracusana, con noi gruppo spalla».

«L’intuizione del patron Salvatore Ferlito fu davvero buona», tiene a sottolineare il Ringo Starr siracusano. «Tre serate nelle quali le band locali venivano affiancate a realtà già affermate, davvero uno scambio musicale e un’opportunità di crescita, fortunatamente eravamo anni luce lontani da cover e tribute band. In quella fine estate del 1984, all’Ara di Ierone si respirava una strana atmosfera di sacralità: arrivavano il rock, il pop, le nuove realtà italiane e non solo. L’aria era ancora molto calda e l’umidità di tagliava col coltello, eppure le tre serate furono gremite di gente». 

Peppe Servillo e Peppe D’Argenzio degli Avion Travel quest’estate in concerto ad Acireale

Per gli Avion Travel una sosta prolungata

«Il Magna Grecia Festival è stata una tappa fondamentale per gli Avion Travel, una esperienza formativa importante che ha avuto influenza anche sulla nostra evoluzione», rivela Peppe Servillo, frontman della band casertana. 

Gli Avion Travel non erano in cartellone, furono chiamati a sostituire i Virgin Prunes. A quel tempo mescolavano Carosone con Joe Jackson, italiano e inglese, e non erano ancora la Piccola Orchestra di Sentimento. «L’incontro con quei luoghi, la necessità che avvertimmo nella nostra ingenuità di dover sposare il valore di quei posti, la tradizione della cultura classica, con il mestiere che noi stavamo scegliendo di fare pose ancor di più l’accento su un problema che già ci assillava», spiega Servillo. «Infatti, dopo qualche anno, musicalmente scegliemmo una strada che ci ricongiungeva alla tradizione italiana. Siamo diventati a tutti gli effetti un gruppo italiano. E io non escludo che l’esperienza con il Magna Grecia ci abbia indotto a fare un passo del genere, oltre all’incontro con Lilli Greco, quindi con la tradizione della gloriosa RCA degli anni Settanta e Ottanta: tutte cose che rimisero in discussione questo nostro modo anche ingenuo di abbracciare la new wave inglese e americana, se non per elaborarla in una chiave che era nostra e che era melodica. Il Magna Grecia è stato anche occasione per conoscere una grande band italiana: i Denovo».

Peppe Servillo

L’esperienza siracusana di Peppe Servillo e del suo compagno di band Peppe D’Argenzio si prolungò oltre il concerto. «Suonavano da due-tre anni, eravamo agli inizi e il ricordo di quell’evento si confonde con la vita stessa», sorride il cantante e attore casertano. «Avevo 22 anni, scoprivo la Sicilia, scoprivo Siracusa, scoprivo del cibo diverso, una lingua diversa. La cosa più importante che ci successe e che allora leggemmo come una sventura, e che invece, guardandola adesso, fu una enorme fortuna, fu il fatto che rientrando a Caserta dopo il concerto, fondemmo il motore del furgone che avevamo in prestito. Accadde all’altezza di Augusta. Portammo il furgone da un meccanico del posto, un uomo anziano, che lavorava da solo nella bottega, senza alcun aiuto. E mi ricordo che aveva il vezzo di tingersi i capelli e i baffi, nonostante l’età, La riparazione durò ben dieci giorni, per cui io e l’altro Peppe rimanemmo dieci giorni a Siracusa, ospiti di Salvo Ferlito che conviveva con suo nonno, molto anziano e ipovedente, che ci apostrofava in modi strani perché ci vestivamo con abiti sgargianti e lui adduceva questa cosa alla poca serietà, nostra e di suo nipote. Spesso andavamo a mangiare alla mensa della stazione di Siracusa e la sera ci trattenevamo con Corrado (Dierna, ndr) con lo stesso Salvo, con tutti gli amici che per la prima volta ci fecero ascoltare Sade, che ci piacque tantissimo. Furono dieci giorni d’oro». 

Anche la fine della piccola odissea fu felice. «Tornammo dal meccanico e l’importo del danno equivaleva esattamente a quello che avevamo guadagnato per suonare. Ma non li avevamo, perché gli altri compagni erano partiti con un’altra macchina. Gli dissi: “Non ho i soldi adesso, le lascio la mia carta d’identità, torno a Caserta, racimolo il denaro, glielo mando immediatamente e lei mi restituisce la carta d’identità”. Non me lo dimenticherò mai, questo signore, possa stare nella gloria dei cieli dove sta adesso, mi guardò e disse: “Ma tu sei un bravo ragazzo, non mi devi lasciare proprio niente, Parti, quando arrivi a casa mi mandi i soldi”. Mi lasciò di stucco. Mi sono sentito trattato come un figlio. Sono ripartito, appena arrivato a casa feci un vaglia postale e sono rimasto con il ricordo di questi dieci magnifici giorni coronati da questo gesto paterno fatto da un uomo che non conoscevo affatto». 

Un ricordo che ancora commuove Peppe Servillo. E il destino vuole che in ottobre gli Avion Travel suoneranno in ottobre a Taranto con… l’Orchestra della Magna Grecia. 

I “misteri” del finale e della fine

Piero Pelù dei Litfiba

Quante storie, quanti aneddoti attorno alla prima edizione del Magna Grecia Festival. Fra cui un finale “thriller”: «Un mistero degno di “Telefono Giallo”», insinua Fabio Incastrone. «I Litfiba furono fermati da un blackout elettrico. Ancora oggi si parla di sabotaggio, di ordine della Prefettura, certo è che dopo una mezz’ora di attesa, il pubblico cominciò a scemare e così finì lì».

«Nessun “giallo”», sorride dal Brasile Salvo Ferlito. «L’allora sovrintendente ai Beni culturali di Siracusa, Giuseppe Voza, aveva dato il compito al signor La Mesa, il custode dei monumenti, di sorvegliarci. La Mesa mi avvertì: “Signor Ferlito, se c’è qualche problema, io blocco tutto”. Non capivo come avrebbe potuto fare. Lo avrei constatato quando Piero Pelù, in un momento adrenalinico dello show, cominciò a saltare come una scimmia sul palco per poi arrampicarsi sul monumento. “Io l’avevo detto che staccavo tutto”, arrivò gridando La Mesa. E rimanemmo al buio. Mentre dal pubblico urlavano: “Ferlito adduma sta cosa”, io trattavo con La Mesa».

Salvo Ferlito anni Ottanta con la sorella Carmen

Il 17 settembre si chiuse la prima edizione del Magna Greci Festival. Nonostante tutti gli errori e le ingenuità della prima volta, la formula rivelò la sua validità, riuscendo a dare continuità a un vivace, stimolante, appuntamento con il quale il pubblico siciliano più attento ha avuto modo di poter entrare in contatto diretto con queste nuove realtà musicali. Assieme ad altri festival del tempo – Rock Bologna, Rockin’ Umbria, Arezzo Wave, Parco Lambro – contribuì a creare un forte senso di comunità tra i giovani italiani appassionati di rock, punk e new wave, favorendo la crescita di una scena musicale vivace e innovativa.

In seguito, la rassegna si allargò anche al mondo anglosassone, crescendo e caratterizzando tutti gli anni Ottanta, ma fu presto costretta a peregrinare alla ricerca di altre location – da piazza Duomo alla Fiera del Sud – prima di essere “uccisa” in una “notte dei lunghi coltelli”, quando l’ideatore dell’iniziativa fu “defenestrato” dalla Sinistra, che si era inserita nell’organizzazione e voleva prenderne il controllo. «Mi sono sentito tradito», è il rammarico di Salvo Ferlito. «Lasciai tutto, compresa Siracusa e la Sicilia». E sul Magna Grecia Rock Festival cadde definitivamente il sipario. Da allora anche il rock ha abbandonato la città di Archimede.

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