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Al cinema: sfida d’attore sulle rive del Po

Le uscite in sala. Alessandro Borghi vs Claudio Lo Cascio in “Delta”. Il delicato “Armageddon Time” con un cast di stelle. Quarto capitolo della saga John Wick. “Stranizza d’amuri” di Giuseppe Fiorello sulla tragica storia gay di Giarre e il film autobiografico di Vera Gemma. Il film sci-fi polacco “La ragazza trovata nella spazzatura”, torna in programmazione il documentario da Oscar su Navalny

DELTA drammatico, diretto da Michele Vannucci, con Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio.

È un thriller di frontiera grigio, proprio come le acque e le nebbie tra Ferrara e Rovigo dove il Po si getta nel mare tra mille canali. È qui che si svolge il secondo film di Michele Vannucci e che mette uno contro l’altro Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio. Il primo è Elia, un uomo taciturno del posto che si è unito alla famiglia Florian, un gruppo di bracconieri venuti dalla Romania che si dedica alla pesca illegale. Dall’altra parte della barricata c’è invece Osso (Lo Cascio), un volontario che insieme alla sorella si occupa della difesa dell’ecosistema locale. È inevitabile che questi due mondi opposti siano destinati a scontrarsi e in questa lotta, tra le nebbie e l’umidità del Po, ci vada di mezzo anche Anna (Emilia Scarpati Fanetti), l’ex di Osso mai davvero dimenticata. Fatto sta che, proprio come accade nei western, il confine tra la giustizia ufficiale e quella fai da te è sempre più labile e così tutti i personaggi di questo thriller si trovano in una girandola violenta piena di colpi di scena. «Delta è un film che porto nel cuore perché racconta una storia sincera», ha detto Alessandro Borghi. «Non molliamo, continuiamo a raccontare storie, senza algoritmi, senza influencer, senza musiche da botteghino. Il cinema merita di poter essere difficile, merita di non essere per tutti, perché quello che è per tutti è mediocre, per forza». «Per questo ruolo era necessario non prepararsi, altrimenti avrei riprodotto qualcosa che già conoscevo», ha spiegato Lo Cascio. «Quando ho letto la sceneggiatura ne sono rimasto talmente affascinato che ho incontrato il regista per dirgli che non credevo di essere capace di interpretare Osso. La sceneggiatura è molto sottile, il mio personaggio si occupa di controllare l’equilibrio tra terra e acqua, fa la guardia ecologica perché nella regione del Delta c’è il reale rischio di essere sommersi da un momento all’altro». Voto: 4,5 su 5

2028: LA RAGAZZA TROVATA NELLA SPAZZATURA fantascienza, diretto da Michal Krzywicki, con Michal Krzywicki e Dagmara Brodziak. Durata 98 minuti

Anno 2026, i condannati vengono sottoposti al processo di automazione, ovvero rasati e con un collare al collo che regolarmente inietta vexina, una droga che intorpidisce i sensi e cancella irreversibilmente la memoria. Questa la premessa per entrare nel film sci-fi polacco. Chiamati Automi, questi condannati vengono utilizzati in genere come schiavi per svolgere servizi comunitari o anche comprati da privati per svolgere faccende domestiche. Contro tutto questo c’è l’attivista sociale Simon Hertz che ha appena annunciato online che, per protesta, vuole suicidarsi in diretta streaming sul suo canale durante la notte di Capodanno 2028/2029. Ma il giorno prima del suo suicidio, Simon trova nella spazzatura Blue, una ragazza-schiava considerata una pericolosa fuggitiva. In realtà, anche dopo che il suo collare viene rimosso, la donna risulta essere una persona totalmente indifesa e innocua, un’anima gentile che vuole riscoprire nuovamente la bellezza dell’umanità, come se fosse una bambina, anche se non ricorda nulla del suo passato. Che sta succedendo? «Il film racconta una storia distopica per ricordarci che bisogna lottare per le cose importanti, anche quando ci troviamo in un mondo buio, difficile e terribile», spiega il regista. «L’idea è nata durante un viaggio a Bangkok insieme a Dagmara Brodziak. È stata proprio quest’ultima ad aver avuto l’ispirazione, dopo aver visto un video su youtube in cui un uomo daltonico, grazie a occhiali speciali, vede i colori per la prima volta. Da qui alcuni interrogativi come: la nostra identità rimarrebbe la stessa se non potessimo percepire il mondo attorno a noi?  E, ancora, come ci sentiremmo poi nel ritrovarci a recuperarlo? La gioia di riscoprire la vita e tutte quelle sensazioni ha fatto nascere in noi una valanga di idee che poi abbiamo convogliato nel mondo che si vede nel film». Voto: 3,5 su 5

ARMAGEDDON TIME – IL TEMPO DELL’APOCALISSE drammatico, diretto da James Gray, con Oscar Isaac, Anne Hathaway, Anthony Hopkins, Robert De Niro, Cate Blanchett, Banks Repeta e Jeremy Strong. Durata 115 minuti.

È un coming-of-age, una bella storia di formazione e crescita personale in America durante gli anni Ottanta, quella che ha come protagonista Paul, un ragazzino di dodici anni che dovrà confrontarsi con le contraddizioni di una società in cui dilagano razzismo e discriminazioni. Si tratta (un vero e proprio trend cinematografico recente, se pensiamo a The Fabelmans di Spielberg ad esempio) di un film che parte dalla biografia ed è nello stile che contraddistingue il regista de I Padroni della notte, tra classico e indie. In un cast stellare su tutti la presenza di un ottantacinquenne Anthony Hopkins in versione nonno che tutti vorrebbero avere e con una filosofia che si può così sintetizzare: «Il mondo è un brutto posto in cui a vivere però ce la si può fare». Anne Hathaway interpreta una donna della classe operaia americana, ebrea e di origine ucraina, nella New York del 1980, mamma di Paul Graff, il figlio “ribelle” di Armageddon Time. È una storia profondamente immersa nel tempo che racconta, con dinamiche familiari che risentono di quegli anni, una moglie “succube”, un marito con il complesso d’inferiorità per la propria classe sociale, violento nel rapporto con i figli, una famiglia d’origine sopravvissuta all’Olocausto dall’Ucraina e molto legata alle tradizioni. «Mia suocera ha ispirato i momenti più belli del mio personaggio. Era semplicemente la più grande madre ebrea che abbia mai visto», aveva detto l’attrice a Cannes. «Ha vissuto la vita delle famiglie a basso reddito in quell’epoca. Io ho cercato di fare una cosa: catturare la profondità di quell’amore e quella connessione». Armageddon Time, nel raccontare la crescita di questo ragazzino che i genitori vorrebbero al college, una scuola privata costosa che fa il tifo per Reagan e dove potrebbe avere un upgrade sociale, mentre lui ha vocazione di artista e stringe un legame con un ragazzino orfano nero mettendosi nei guai, osserva un passato che secondo il regista è anche all’origine del mondo inguaiato di oggi. «Sono i miei ricordi», ha spiegato James Gray. «Di quando avevo 12 anni, avevo il mito di Muhammad Ali. Ronald Reagan è diventato presidente degli Stati Uniti e ho sentito i miei genitori, mia madre dire: ci porterà ad una guerra nucleare, ad un Armageddon Time. E guardiamo ad oggi, non solo per la guerra, ma per l’aumento della disuguaglianza, siamo in una fase avanzata di capitalismo e ad una decadenza terminale per gli Stati Uniti, e tutto è iniziato intorno al 1979-1980, anni che sono un punto di svolta nella storia». La storia è un rimando anche alla biografia di Gray, di famiglia ebrea di origine ucraina, con un vissuto di sofferenza che si porta dentro e il suo primo film, già bello, fu Little Odessa che vinse a Venezia nel ’94 il Leone d’argento per la regia e la Coppa Volpi per l’attrice non protagonista. E poi, sempre nel film, tutti i temi dell’epoca: razzismo, corsa allo spazio, politica (in un cameo c’è Cate Blanchett nei panni della sorella di Donald Trump), aspirazioni e principio di realtà e tutto questo negli anni del boom del dopoguerra e all’alba di una nuova era. Tutto ruota intorno a questo inquieto ed esile ragazzino di nome Paul Graff che ama l’arte astratta (su tutti Kandinsky) e che ha un fratello più grande, un tipico padre conformista dell’epoca (Jeremy Strong) che si aspetta con il figlio uno scatto sociale e una madre protettiva (Anne Hathaway). Paul si ritrova come amico del cuore più che vivace Johnny (Jaylin Webb), un compagno di classe orfano, ostracizzato a scuola per il colore della pelle (è l’unico afroamericano). Con lui vivrà le sue piccole necessarie trasgressioni. D’altronde Paul si crede protetto da sua madre, anche perché rappresentante dei genitori della sua classe, e da suo nonno pieno di saggezza e che gli racconta sempre di come la sua famiglia ebrea se la sia cavata durante la Shoah. Ma un brutto giorno un incidente vede coinvolti entrambi gli adolescenti e Paul viene mandato in una scuola privata, dove il consiglio è presieduto dal padre di Donald Trump. Lì dovrà mettere la cravatta e conoscere ancora meglio lo spirito di certa America, ovvero il suo elitarismo e razzismo più autentico. Per fortuna sullo sfondo c’è la musica dei The Clash. Voto: 4 su 5

STRANIZZA D’AMURI drammatico, diretto da Giuseppe Fiorello, con Samuele Segreto, Gabriele Pizzurro, Fabrizia Sacchi, Simona Malato, Antonio De Matteo, Enrico Roccaforte, Roberto Salemi, Giuseppe Spata, Anita Pomario e Giuseppe Lo Piccolo.

«Questa mia prima regia nasce da un articolo che celebrava il trentennale del delitto Giarre, un caso che non conoscevo», racconta Giuseppe Fiorello al suo primo film da regista. Il film è ispirato al duplice omicidio commesso il 31 ottobre 1980 a Giarre (Catania), quando Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola, scomparsi da due settimane, furono trovati morti, mano nella mano, uccisi da un colpo di pistola alla testa. Un caso fondamentale nella storia del movimento di liberazione omosessuale italiano in quanto portò alla fondazione del primo circolo Arcigay.  «Nonostante il tema, non volevo dare messaggi, ma casomai fare un inno alla vita», commenta Fiorello. «E poi anche io ho amato tanto i miei amici, anche l’amicizia è una forma d’amore, ma senza sesso». Il film ci porta nella Sicilia del 1982. Mentre le tv trasmettono i Mondiali di calcio, due adolescenti, Gianni (Samuele Segreto) e Nino (Gabriele Pizzurro), si incontrano per caso e sognano di vivere il loro amore senza paura. Una cosa quest’ultima che non può sottrarsi al pregiudizio del paese e delle rispettive famiglie. Il film è stato girato tra Noto, Marzamemi e Priolo, prende il titolo dal brano omonimo di Franco Battiato, le musiche sono di Giovanni Caccamo e Leonardo Milani. Voto: 3,5 su 5

VERA drammatico, diretto da Tizza Covi, Rainer Frimmel, con Vera Gemma e Annamaria Ciancamerla. Durata 115 minuti.

È la storia di Vera (Vera Gemma) e del suo percorso di vita da figlia d’arte che deve fare i conti con il peso di essere sempre associata al famoso padre, l’attore Giuliano Gemma. La sua vita è fatta di socialità e interazioni superficiali in una Roma ricca e oziosa. Lei stessa veste firmato, fa ricorso alla chirurgia estetica per ingannare i segni del tempo e si fa compulsivamente dei selfie che poi posta sui social. Una vita effimera fino al giorno in cui fa un incidente con la macchina e ferisce un bambino di 8 anni. Succede nella periferia romana di San Basilio, e questo scontro/incontro cambierà il suo percorso. Stringendo un legame con il bambino e in modo particolare con il padre, pensa di fuggire dalla superficialità che la circonda. Ben presto, però, si rende conto come anche in questo ambiente, lei non è altro che uno strumento che gli altri possono utilizzare. Voto: 3 su 5

JOHN WICK 4 azione, diretto da Chad Stahelski, con Keanu Reeves e Donnie Yen. Durata 169 minuti.

Quarto capitolo dell’omonima saga cinematografica d’azione di successo incentrata su killer di professione interpretato da Keanu Reeves. John Wick trova una via per sconfiggere la Grand Tavola. Ma prima di guadagnare la libertà, Wick deve affrontare un nuovo nemico che ha potenti alleanze in tutto il mondo e ha mezzi tali da tramutare vecchi amici in nuovi nemici. Voto: 2 su 5

IL FRUTTO DELLA TARDA ESTATE drammatico del 2022, diretto da Erige Sehiri, con Abdelhak Mrabti e Fedi Ben Achour. Durata 92 minuti.

È ambientato in Tunisia verso la fine dell’estate, nello specifico in un frutteto sito a Nord-Ovest del Paese. Racconta la storia di un gruppo di ragazze e di donne, che lavora nella raccolta dei fichi. Sotto i duri sguardi dei lavoratori più anziani, le giovani si prendono in giro tra loro, flirtano, litigano e parlano di uomini. Mentre il gruppo di lavoratrici rivela in un sussurro i propri segreti, condivide i pasti e versa anche qualche lacrima, è possibile rintracciare nelle loro conversazioni diversi temi: dalle aspettative della società e ai ristretti costumi sessuali. È così che il frutteto diventa un teatro, dove vanno in scena le emozioni e si muovono sogni e speranze di una generazione moderna, che vuole sentirsi libera accanto a una più vecchia, ancorata fermamente alle tradizioni. Voto: 4 su 5

IL VIAGGIO LEGGENDARIO avventura, diretto da Alessio Liguori, con Erick Parisi e Dominick Alaimo.

Vede i DinsiemE annoiati mentre fuori piove e sono costretti a stare a casa. A spazzare via l’aria boriosa arriva un misterioso pacco, che contiene un videogioco intitolato “Il viaggio leggendario”. I due si ritrovano risucchiati dal gioco e all’interno di un’altra dimensione, nota come Leggendaria. Qui si scontrano con il perfido dottor Timoti e capiranno che il gioco non segue le leggi della fisica, ma una logica a livelli propria del videogame. Durante quest’avventura in questo mondo magico Erick e Dominick (Erick Parisi e Dominick Alaimo) si imbatteranno nella coraggiosa Principessa Ginevra (Sofia Iacuitto) e nel filosofo Platone (Gianni Franco), con i quali faranno squadra per affrontare Sir Romualdo (Herbert Ballerina) e Capitan Sarrangia (Riccardo Cicogna). Per far regnare la pace, però, i DinsiemE dovranno sconfiggere il Dottor Giniu, fratello del Dottor Timoti, intenzionato a spodestare i legittimi sovrani del regno di Leggendaria, Romeo e Isabella, ovvero i gemelli di Erick e Dominick. La coppia riuscirà a vincere l’ultimo livello e salvare Leggendaria? Voto: 3,5 su 4

MIRACLE commedia, diretto da Jang-Hoon Lee, con Jung-min Park e Yoon-a Lim. Durata 118 minuti.

Racconta la storia di Joon-kyung (Park Jung-min), studente liceale nonché genio della matematica, che vive in un remoto villaggio di montagna. Dove abita il ragazzo non c’è una stazione ferroviaria, nonostante i treni passino ogni giorno di lì, senza mai fermarsi. Eppure l’unico mezzo che permetterebbe agli abitanti del paese e non di andare e venire con grande facilità e senza rischi, sarebbe proprio il treno. Nonostante Joon-kyung abbia scritto diverse lettere al Presidente per chiedere di inserire una fermata ferroviaria nei pressi del loro villaggio, il ragazzo non ha mai ricevuto alcuna risposta. Aiutato da sua sorella, dall’amica Ra Hee (Lim Yoon-a) e dai suoi compaesani, il giovane inizia a costruire una stazione, mentre cerca di trovare il modo di incontrare il Presidente di persona. Voto: 3 su 5

NAVALNY documentario del 2022, diretto da Daniel Roher, con Alexei Navalny e Yulia Navalnaya. Durata 98 minuti.

Ha appena vinto la statuetta più prestigiosa, uscendo dalla notte più glamour dell’anno per il cinema con l’Oscar per il miglior documentario e ora, come è giusto che accada torna nelle sale l’inchiesta che approfondisce quanto accaduto nell’agosto del 2020, quando Alexei Navalny, politico russo di origini ucraine – noto come uno dei maggiori oppositori e critici di Vladimir Putin – ha mostrato improvvisamente segni di malattia, perdendo anche conoscenza, su un volo partito da Mosca e diretto a Tomsk. A causa del malore, l’aereo ha fatto un atterraggio di emergenza nella cittadina di Omsk, dove Navalny è stato ricoverato e gli è stato indotto il coma. Su richiesta della famiglia del politico e del su stesso partito, Russia del Futuro, l’uomo è stato trasportato in aereo fino a Berlino, dove è stato ricoverato in una clinica, nella quale i medici hanno rintracciato nel suo corpo tracce di Novichok, avvalorando così la tesi secondo cui Navalny sia stato avvelenato. Il docufilm ricostruisce gli eventi che hanno portato a scoprire la verità, ma non è finita qui per Navalny. Infatti, dopo essere uscito dal coma il 7 settembre 2020, il politico ha deciso di fare ritorno in Russia il 17 gennaio del 2021, giorno in cui è stato arrestato non appena ha messo piede in patria con l’accusa di appropriazione indebita. L’arresto di Navalny ha scatenato proteste di massa in tutto il Paese e lui stesso ha iniziato uno sciopero della fame, che gli ha permesso di uscire temporaneamente dal carcere per essere curato e farvi ritorno subito dopo. Successivamente riceve una nuova condanna che lo porterà a scontare nove anni di pena, ma non è detto che il governo russo non proroghi la sua detenzione. Navalny, sopravvissuto a un avvelenamento e incarcerato, è l’emblema dell’opposizione al regime di Putin, tanto da valergli la consegna del Premio Sacharov da parte del Parlamento europeo. Questa è la storia di un uomo che per opporsi alla corruzione ha rischiato la vita e ha sacrificato la sua libertà. Voto: 3,5 su 5

HEADSHOT thriller, diretto da Niko Maggi, con Alessandro Bedetti e Virginia Diop. Durata 92 minuti.

Racconta di un misterioso gruppo di persone che organizza una sfida, nota come Headshot. Si tratta di un death-match ispirato ai videogiochi, ovvero un incontro tra due o più giocatori, il cui scopo è eliminarsi a vicenda. In questo caso, però, l’incontro non è sugli schermi di un videogame, ma vede i protagonisti scontrarsi corpo a corpo. Si presentano otto gamer, ognuno con la propria armatura personalizzata e dotato di un fucile ad aria compressa. Per trasmettere la sfida in diretta sulla piattaforma ZZIP, ogni partecipante ha una body-cam che documenta il tutto. La competizione, che dovrebbe portare alla vittoria chi usa nel miglior modo l’astuzia e non dovrebbe in alcun modo essere violenta, si trasforma in oscura lotta per la sopravvivenza. I giocatori di Headshot, infatti, scopriranno che tra di loro si nasconde un assassino assetato di sangue, pronto a farli fuori per davvero. Voto: 3 su 5

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